Il PCT é un mezzo, non un rito: proposte per una semplificazione strutturale.

di Pier Luigi Zulli Marcucci

23/02/2016

 

I vantaggi del PCT e della telematizzazione sono fuori di dubbio.

Il PCT (Processo Civile Telematico) attualmente è strutturato in modo da permettere i depositi telematici di atti e documenti solo mediante PEC. Anche se in base al software utilizzato in studio all’operatore si presenta una interfaccia più o meno complessa, quel software ha la funzione di creare una busta telematica da spedire attraverso la PEC che contiene atti e/o documenti da depositare.

Fondamentalmente è un sistema obsoleto in quanto progettato circa 15 anni fa, quando vedevano gli albori i primi CMS che permettevano da remoto l’upload di files su server oltre a gestire i testi dei siti web. Attualmente piattaforme così strutturate come i CMS sono la normalità. Pertanto è di tutta evidenza che mentre il progetto PCT è stato posto in cantiere e attuato, la tecnologia è andata avanti.

Prova di tale fatto è che per quanto riguarda il PAT (Processo Amministrativo Telematico) che sarebbe dovuto entrare in funzione dal 1 gennaio 2016 e che invece è stato differito al 1 luglio p.v., salvo altri rinvii, la struttura della piattaforma sarà basata sugli UPLOAD.

Cosa è il sistema di UPLOAD?

E’ un sistema che invece di costringere l’operatore a dover imparare procedure piuttosto cervellotiche per un deposito, a prescindere dal software utilizzato, permetterebbe di entrare sul web in una area riservata personale a cui accedere con le proprie credenziali, accedere al proprio fascicolo e effettuare l’upload-deposito (ossia il caricamento degli atti/documenti direttamente sul server). Gli atti (o nel caso di deposito di soli documenti, una nota di deposito) dovranno comunque essere preventivamente firmati digitalmente per l’ovvia finalità di garantirne la paternità.
Non si comprende perché tale sistema non possa essere implementato anche per il PCT, invece di dover attendere 4 PEC di ricevuta (Accettazione, deposito, controlli automatici, accettazione deposito cancelleria, con tutti i problemi che comportano i controlli automatici. Quanti utenti hanno lamentato che il deposito non va a buon fine e la terza pec è negativa anche in casi in cui non vi sia alcune anomalia?
Il Cancelliere, col sistema dell’upload dovrà solo “spuntare” (ossia vidimarli cliccando su una casella) i files caricati. Il sistema di accettazione potrebbe a quel punto inviare al termine dell’UPLOAD da parte dell’Avvocato una PEC di avvenuto deposito (corrispondente all’attuale 2da PEC) che comprovi il rispetto dei termini dello stesso e poi, a seguito della verifica e dell’accettazione da parte del Cancelliere, inviare una seconda PEC di avvenuto deposito la cui funzione corrisponderebbe a quella della attuale 4° PEC).
Peraltro si supererebbe il limite dei 30 MB della busta. Difatti attualmente una busta di deposito non può superare tale limite, diversamente il sistema non la accetta. Certamente anche nel caso dell’adozione del sistema dell’UPLOAD un limite massimo di sicurezza dovrà essere stabilito (uploads enormi potrebbero mandare in crash il sistema), ma si eliminerebbe la necessità di buste splittate e invii multipli per le iscrizioni a ruolo, con conseguente invio della prima busta, attesa dell’invio da parte della cancelleria del numero di ruolo e invio a quel punto delle buste successive (con tutti i patemi d’animo che ne derivano).

Eliminare le cervellotiche procedure obsolete, non solo renderebbe meno complesso l’approccio al pctÂÂ ma, permetterebbe agli operatori di diritto di concentrarsi di più sulle questioni sostanziali di merito.
Infine, il PCT non deve essere considerato un rito.

Il PCT, il PAT o qualunque altro sistema attinente a materia processuale, deve rimanere solo ed esclusivamente un mezzo, uno strumento per effettuare telematicamente – attraverso la dematerializzazione – ciò che prima del loro avvento si effettuava in modalità cartacea.
Non è accettabile che i documenti prodotti vengano dichiarati inammissibili, nulli o invalidi solo perché scansionati capovolti, o che un atto introduttivo venga dichiarato inammissibile, non perché non leggibile, ma perché in formato PDF non nativo (ossia in formato immagine). Sembra che si consideri il PCT un videogame. Non è così.
Decisioni poco ponderate (per usare un eufemismo) dei giudicanti pongono in essere rischi seri di responsabilità professionale a carico dell’Avvocato, oltre a creare una area di non tutela del cittadino e di incertezza del diritto.
Non può essere inoltre utilizzato il PCT quale strumento deflativo.

Non sussiste alcune violazione del diritto di difesa se il documento è capovolto. I lettori PDF hanno il tastino “RUOTA”. Non è necessario un corso di “pipistrellismo” – ci si conceda la battuta – per leggere i documenti a testa in giù, né capovolgere il monitor. Emergono pertanto gravi lacune nella preparazione di base in materia informatica proprio nella categoria dei magistrati, i quali, spesse volte, anziché risolvere cum grano salis i problemi applicativi della norma, contribuiscono a complicarli.

Di seguito si riporta una carrellata non esaustiva di esempi facilmente consultabili in rete: ordinanza Trib di Roma del 09/06/2014, sentenza Trib. di Torino del 15/07/2014, Trib. di Roma 13/07/2014, Trib. di Livorno del 25/07/2014, Trib. di Padova del 28/08/2014.

Stesso discorso valga per gli atti introduttivi in formato PDF immagine.
Sono perfettamente leggibili.
L’unica differenza tra “PDF nativo” e “PDF immagine” sta nel fatto, come noto, che il primo permette operazioni di copia-incolla in quanto in formato testuale, il secondo non le permette. E si vuol considerare inammissibile l’atto solo perché il Giudice non può operare il copia-incolla? Vi sono state decisioni anche in tal senso da parte dei magistrati.
Ove si continuasse a tollerare tale stato di cose, si verificherà sempre di più il fenomeno del codice di procedura civile “parallelo”. Ossia un codice di procedura civile attinente al PCT che contrasterà con i principi già sanciti nel “cpc cartaceo”. Ciò non è accettabile.
Peraltro va evidenziato che non risulta prevista sanzione alcuna per tali casi.
Basti pensare che in diverse fattispecie i giudici hanno negato la applicabilità del sacrosanto principio di sanabilità delle presunte nullità, anche nel caso di costituzione in giudizio della controparte e quindi di evidente raggiungimento dello scopo dell’atto (art.156 cpc).
Il buon senso vorrebbe che tale principio si applicasse considerando l’errore di formato del PDF quale semplice irregolarità sanabile (regolarizzazione anche per ordine del Giudice), soluzione che si porrebbe in una ottica di ossequio sia nei confronti del principio di difesa che risulta con tutta evidenza rispettato, sia della funzione principale dell’atto, sia del principio della ragionevole durata del processo (da ultimo Trib. di Milano n.1432 del 3 febbraio 2016).
Si ritiene necessario porre in essere l’obbligo di frequenza anche a carico dei magistrati e cancellieri dei corsi di formazione in materia di PCT così come tale obbligo esiste per gli avvocati. Ancor meglio se in seduta congiunta magistrati, cancellieri e avvocati, in modo da porre in essere un vero e proprio confronto tra gli operatori di diritto sui problemi tecnici a fronte dell’applicazione delle norme processuali ed al fine di una maggiore efficienza globale del sistema.
Infine, va evidenziato – nello stesso contesto – che la notifica a mezzo PEC non è prerogativa esclusiva dei procedimenti innanzi ai Tribunali, Corti d’Appello, Cassazione, ecc. ma è applicabile anche per i processi innanzi al GdP per i quali non è prevista attuazione di processo telematico almeno fino al 2018. Netta è la distinzione tra notifiche a mezzo PEC e PCT. Ebbene, non sono mancate decisioni di Giudici di Pace che hanno dichiarato nulla la notifica di atti mediante PEC.

Ad maiora.

 

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